giovedì 10 novembre 2011

Promuovere il "consumo" dei farmaci è corretto?

Quando si parla di medicinali la maggior parte delle persone, indipendentemente dal proprio titolo di studio o dal proprio livello socioeconomico, comprende, o almeno intuisce, come promuoverne il "consumo" rappresenti qualcosa di negativo, di indesiderabile, di rischioso.
Questa condivisione di pareri si basa sull'ormai assodato assunto che l'assunzione di un farmaco implichi quasi sempre controindicazioni, potenziali effetti collaterali e una serie di eventuali inconvenienti tali da indurci a utilizzare i medicinali sempre con una certa cautela e, comunque, il meno possibile.
I primi a lavarsi la bocca con esortazioni di questo tipo sono i Dottori (medici e farmacisti in testa), assieme alle proprie associazioni di categoria e, ovviamente, alle istituzioni sanitarie. Ma, lo ripeto, il discorso è talmente chiaro da risultare quasi banale per chiunque ci rifletta anche solo un istante. Nessuno, in generale, si sognerebbe mai di affermare che incentivare il consumo di medicinali, indipendentemente dal fine - men che meno qualora tale fine risultasse essere prettamente economico - sia etico, morale o anche solo "utile" dal punto di vista sanitario. Per tacere sui già citati rischi per la salute, ovviamente!

Un discorso analogo, con le dovute proporzioni, potrebbe essere applicato alla "promozione della prescrizione di medicinali" da parte dei medici. Eh, qui le cose si fanno addirittura più pericolose, perchè in gioco ci sono farmaci dal profilo tossicologico davvero letale, se non si fa attenzione (talvolta, pure se si fa attenzione...). E, di nuovo, siamo più o meno tutti d'accordo nel dire che qualsiasi tentativo di indurre il medico a prescrivere farmaci, o comunque di promuovere la prescrizione di farmaci da parte del medico, rappresenti un rischio per la salute del paziente, nonchè un fastidio per il medico stesso, dal momento che "il medico non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura" (Codice di deontologia medica, Art. 5) e che, comunque, "il medico ha l’obbligo dell'aggiornamento e della formazione professionale permanente, onde garantire il continuo adeguamento delle sue conoscenze e competenze al progresso clinico scientifico" (Codice di deontologia medica, Art. 16).

Giusto per completezza, tiriamo in ballo anche la mia professione. Cosa diremmo se qualcuno cercasse di incentivare o promuovere la vendita dei medicinali da parte del farmacista? Il discorso, sempre con le dovute proporzioni, è molto simile a quello appena fatto per il medico, dal momento che le due deontologie professionali hanno molto in comune: il farmacista ha il "dovere della formazione permanente e dell'aggiornamento professionale al fine di adeguare costantemente le proprie conoscenze al progresso scientifico, all'evoluzione normativa, ai mutamenti dell'organizzazione sanitaria e alla domanda di salute dei cittadini" (Codice dentologico del Farmacista, Art. 9), "il farmacista promuove l'automedicazione responsabile e scoraggia l'uso di medicinali di automedicazione quando non giustificato da esigenze terapeutiche" (Art. 10), addirittura, sempre in riferimento al discorso in questione, "costituisce grave abuso professionale incentivare, in qualsiasi forma, le prescrizioni mediche o veterinarie, anche nell'ipotesi che ciò non costituisca comparaggio" e "Costituisce grave abuso e mancanza professionale acconsentire, proporre o accettare accordi tendenti a promuovere la vendita di medicinali finalizzata ad un loro uso incongruo o eccedente le effettive necessità terapeutiche per trarne un illecito vantaggio". (Art. 14).

Insomma, promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali, comunque la si metta, rappresenta qualcosa di "brutto", di non conforme alla dentologia dei professionisti sanitari deputati alla prescrizione/vendita dei medicinali e di rischioso per la salute di chi "consuma" tali prodotti.

La realtà dei fatti

Tutto quello che avete appena letto è una favoletta! In realtà, non è vero niente!
A termini di legge, vediamo di capirci subito, il farmaco è un business e la salute pubblica è solo un ambito rotando attorno al quale tale business può fruttare introiti. E come si fa a far fruttare un business come il farmaco sfruttando la salute pubblica? Nel modo in cui abbiamo impostato il discorso qui sopra: promuovendo la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali, ovvio.
E come faccio a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali?
Esattamente come promuovo la vendita e il consumo di qualsiasi altro prodotto: con la pubblicità, ovvio.
E, infatti, la legge è molto chiara nel definire la pubblicità dei medicinali:

"Ai fini del presente titolo si intende per «pubblicità dei medicinali» qualsiasi azione d'informazione, di ricerca della clientela o di esortazione, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare quanto segue:

a) la pubblicità dei medicinali presso il pubblico;

b) la pubblicità dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a dispensarli, compresi gli aspetti seguenti:

[Omissis]

3) l'incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l'offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile;

[Omissis]"
(DL 219/2006, Titolo VIII, Art. 113)


La legge non solo rende lecita la pubblicità dei medicinali ma addirittura, spiegando come e semplicemente esistendo, incoraggia a "promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali" attraverso la pubblicità stessa. Ah, certo, il Titolo VIII è ricco di precisazioni sui limiti che la pubblicità, e in particolare la pubblicità al pubblico, deve osservare. Ad esempio, all'Art. 114 leggiamo che:

La pubblicità di un medicinale:

a) deve favorire l'uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà;

b) non può essere ingannevole.

Certo che questi hanno la faccia come il Qulo. Voglio dire: tu che leggi, pensa per un istante allo spot pubblicitario di un qualsiasi antiinfiammatorio (Aspirina, Voltaren, Moment, eccetera). Vedi i tizi protagonisti dello spot quasi in fin di vita, apparentemente incapaci persino di alzarsi dal letto a causa dei dolori e/o dell'infiammazione che li affligge. Poi arriva IL rimedio: prendi una o due compresse (nessun riferimento alla gastrolesività degli antiinfiammatori e nessuna raccomandazione ad assumerli a stomaco pieno o, eventualmente, associati a gastroprotettori) oppure ti spalmi un po' di gel, ed ecco fatto: sei come nuovo, pronto ad andare al lavoro, a fare jogging, ad andare in discoteca. Nessun problema!
E volete farmi credere che spot di questo genere "favoriscono l'uso razionale del medicinale,
presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà" e "non sono ingannevoli"?!

Ecco il valore della legislazione farmaceutica in quest'ambito: garantisce la possibilità di "promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali" e, per salvare le apparenze, pone limitazioni che, di fatto, neppure vengono prese in considerazione.

Ai confini della realtà

Se la realtà dei fatti è molto distante da come la maggior parte della gente si rapporta ai rischi legati e al "promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali", i risvolti concreti e conclusivi legati alla pubblicità al pubblico dei medicinali è ai confini della realtà.
La pubblicità funziona (e chi spenderebbe le cifre richieste se non funzionasse?). Il che significa che il cittadino che assiste allo spot pubblicitario è realmente ed effettivamente indotto ad acquistare il farmaco reclamizzato. Ripeto: la pubblicità dell'Enterogermina e del Volteren Emulgel non costano 100,00 Euro, ed è per questo che il cittadino paga tali farmaci più di altrettanti integratori alimentari assai più efficaci o di medicinali equivalenti a minor costo. C'è da domandarsi per quale motivo il cittadino richieda, invece, Enterogermina e Voltaren Emulgel, giusto per mantenere questi due esempi a fronte di dozzine possibili.
Sono sicuro che ciascun lettore starà dicendo "Ah, beh, io non mi faccio di sicuro incantare!". Certo che no, è come la faccenda delle prostitute: "Ah, io con quelle no di certo!" eppure "quelle" sono sempre piene di clienti. Senza per questo mettere in dubbio il pensiero del singolo lettore, ci mancherebbe! Fatto sta che il farmaco OTC, reclamizzato in TV e non solo, non fa eccezione: i software gestionali delle farmacie sono testimoni assolutamente affidabili e, come ho accennato poco sopra, se i produttori del farmaco continuano a investire centinaia di migliaia di Euro in pubblicità, significa, in qualche modo, che essa produce un ritorno economico. Nessuno lavora in perdita, no?
Infatti, i farmaci di automedicazione più reclamizzati sono anche quelli più richiesti (e, quindi, più venduti). Per ciascuno - "xyz" - di questi farmaci ne esistono di identici a minor prezzo; oppure di simili con maggior efficacia oppure di simili con migliore tollerabilità.
Eppure, e ora parlo in base alla mia limitata e personale esperienza professionale, chi entra in farmacia chiede "xyz" senza neppure chiedere se c'è qualcosa di uguale che costa meno oppure qualcosa di simile che è più efficace o meglio tollerato. Parlo in generale, ovviamente: le eccezioni esistono ma sono decisamente poche.

Conclusioni: per il paziente

Al pari del medico, e a differenza del tatuatore, della callista, del massaggiatore, del tizio che fa il piercing, eccetera, il farmacista è un Dottore. Tutti i Farmacisti, in quanto tali, sono Dottori.
Quando vai in farmacia per un disturbo medio/lieve e occasionale, se possibile, non chiedere un farmaco in particolare. Esponi al farmacista, che è un Dottore, la tua situazione, descrivigli i tuoi sintomi, la tua condizione, i tuoi pensieri e rispondi a tutte le sue eventuali domande (non te le fa per farsi i c@zzi tuoi ma per comprendere meglio la natura del tuo problema). Lascia che il farmacista, che è un Dottore, si faccia un'idea della tua problematica: saprà probabilmente consigliarti un rimedio indicato nel tuo caso. Sarà un consiglio, non un'imposizione. Se non sei convinto, chiedigli ulteriori delucidazioni, finchè le risposte non ti avranno soddisfatto. Dopo di che, fai pure la tua scelta, in assoluta libertà, magari ringraziando il farmacista, che è un Dottore, per la consulenza gratuita che hai ricevuto.

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