Nella migliore delle ipotesi la liberalizzazione dei farmaci porterebbe a un risparmio per i cittadini di 97 milioni l'anno, meno del 2% della spesa attuale. Al contrario liberalizzare l'alimentare o i servizi bancari, rispettivamente, vorrebbe dire risparmi per 8,5 e 7,1 miliardi. E allora, cui prodest?
19 DIC - Quanti farmacisti lavorano nelle parafarmacie e nei corner della Grande distribuzione organizzata (Gdo)? Difficile a dirsi: sono 7.000 per l’Associazione italiana parafarmacis italiane-Anpi (Ansa, 1 giugno 2011), ma sono 8.000 per Rosario Trefiletti di Federconsumatori (Radio Città Futura sabato 17 dicembre). La liberalizzazione abortita, poi, secondo Barbara Corrado (Il Messaggero, 18 dicembre) avrebbe portato a 3.000 nuovi esercizi, per un totale di 10.000 nuovi posti di lavoro (oltre ai 7-8.000 e tutti farmacisti? Perché se è così bisogna togliere il numero programmato nelle facoltà).
E quanto vale la Fascia C per le farmacie convenzionate? Poco, pochissimo: Claudio Molina, scrive all’Unità (18 dicembre) che il grosso dei ricavi della farmacia convenzionata è dato dalla Fascia A a carico del Ssn: vale un 70-80%, mentre un comunicato dell’Mnlf (Movimento nazionale dei liberi farmacisti) diramato dall’AdnKronos il 16 dicembre parla di una eventuale diminuzione del fatturato delle farmacie di 380 euro al mese se la liberalizzazione dell’etico non rimborsato fosse andata in porto. Eppure secondo Nuccio Natoli sul QN-La Nazione del 18 dicembre, dice che “è un settore che fattura circa 3 miliardi di euro all'anno e sul quale si stimava che una liberalizzazione potesse produrre l'effetto di ridurre la spesa per i cittadini di qualche centinaio di milioni”.
Se poi si esce dalle aride cifre e si passa ad aspetti normativi, l’impressione che si proceda a vista è comunque forte, se anche un commentatore del calibro di Aldo Cazzullo scrive sul Corriere del 16 dicembre: “Resteremo il Paese europeo in cui è più difficile trovare medicinali di largo consumo fuori dalle farmacie”. Scherziamo? In Francia non si vende nemmeno una compressa di paracetamolo fuori dalle farmacie, e in Gran Bretagna i farmaci Otc acquistabili al supermercato sono una lista ristretta. Nessuno, inoltre, parlando di concorrenza e risparmi fa notare che fino a oggi il prezzo dell’etico di Fascia C era bloccato per Legge e, quindi, non si capisce come si sarebbe potuta avviare una concorrenza sul prezzo.
Questo turbinare di cifre, che va ben oltre il piccolo cenno fatto qui, è l’ennesima riproposizione di una caratteristica italiana: è difficilissimo conoscere dati, se non certi, sui quali si sia almeno creato un consenso e questo vale per la prevalenza dell’artrite reumatoide come per il numero di centri di questa o quella specialità. I pochi dati certi nascono o dai registri e osservatori nazionali o dall’iniziativa di alcune società scientifiche. Chi si occupa di sanità lo sa bene.
C’è un’eccezione, però, ed è il rapporto che il Cermes (Centro di Ricerca su Marketing e Servizi) dell’Università Bocconi ha condotto per Federdistribuzione, mettendo a confronto gli effetti di una politica di liberalizzazioni in diversi settori di attività: distribuzione alimentare, distribuzione non alimentare, distribuzione di carburanti, distribuzione di farmaci, assicurazioni e servizi finanziari.
Il rapporto, molto dettagliato, si rifà ai dati del 2009. Per quel che riguarda il farmaco l’analisi del Cermes riguarda la liberalizzazione della Fascia C nel suo complesso che viene stimato, a valori in 2,1 miliardi di euro per Sop e Otc (11,1% del mercato), più 3,1 miliardi di etico (16,6% del mercato). Quindi la cifra è del 2009, ma è più o meno quella di cui si parla anche oggi.
Secondo l’indagine il mercato del farmaco non soggetto a prescrizione è rimasto “stabile se non stagnante” e l’ultimo dato riportato sui risparmi consentiti dal fuori canale (parafarmacie e Gdo), quello del 2008, è di circa 16,5 milioni di euro (cui andrebbero aggiunti i risparmi derivanti dagli sconti praticati dalle farmacie, ma non è questa la sede). Secondo il Cermes, la situazione evolverà, è ovvio, e si prospettano diversi scenari.
Il primo è che tutto resti com’è sul piano delle norme e della tendenza dei consumi, oppure che vi sia un adeguamento al mercato dell’OTC del resto d’Europa, notoriamente più florido.
Il secondo è che cambino le normative attuali, e questo può avvenire in due modi: la presenza del farmacista diviene facoltativa, oppure resta obbligatoria e viene distribuito fuori dalla farmacia anche il farmaco etico non rimborsato (ma non è specificato se si parla di tutte le classi o soltanto delle meno problematiche, cioè quelle soggette alla ricetta ripetibile).
Anche per il risparmio ottenibile si prospettano di conseguenza diversi scenari. Se tutto continua come ora, il risparmio generato dal fuori canale salirebbe a 35,4 milioni, se aumentasse il consumo di Otc fino a raggiungere il livello europeo i milioni sarebbero 45,4. Quest’ultima ipotesi, cioè l’adeguamento al resto d’Europa, potrebbe presentarsi più facilmente, visto che ora dovrebbe aumentare il numero dei farmaci non soggetti a prescrizione in conseguenza della norma prevista nella manovra finanziaria. Tuttavia resta un’incognita: non è che il livello e la natura dei consumi, per il farmaco, dipenda soltanto dall’offerta. Dipende anche dall’epidemiologica (storicamente, per esempio, nei Paesi nordici l’incidenza della cefalea è molto più alta) e anche da fattori culturali (ci fu un celebre libro della giornalista scientifica Lynn Payer che nel 1988 dimostrò notevoli differenze in seno all’Europa).
Nel caso che l’etico di Fascia C uscisse dalla farmacia, parafarmacie e Gdo garantirebbero 52 milioni di risparmi, che andrebbero a sommarsi ai risparmi generati sull’automedicazione. Ma questo, al massimo porterebbe a un risparmio nel 2012 di 97 milioni, pari all'1,86% della spesa attuale. Quindi, secondo le stime del Cermes, siamo ben lontani dalle “centinaia di milioni” di risparmi ipotizzate sui giornali.
Quanto renderebbero invece le altre liberalizzazioni? Liberalizzare la distribuzione alimentare, 8.427 milioni, quella non alimentare 2.552; liberalizzare i servizi bancari farebbe risparmiare 7.100 milioni, quelli assicurativi, 4.100. Come dicono gli avvocati, res ipsa loquitur: la cosa parla da sé. Tanto è vero che, correttamente, l’indagine chiarisce che per il cittadino i vantaggi non verrebbero in termini di risparmio, ma di maggiore accessibilità al servizio da parte dei cittadini.
Peccato che non sia stata indagato anche il giudizio dei cittadini stessi sull’attuale accessibilità delle farmacie. Ma su questo tema le indagini non mancano: da quelle condotte per conto del Ministero della Salute a quelle condotte, dalla Sda Bocconi, per la Fofi. Risultato univoco: la capillarità non sembra essere un problema.
E quanto vale la Fascia C per le farmacie convenzionate? Poco, pochissimo: Claudio Molina, scrive all’Unità (18 dicembre) che il grosso dei ricavi della farmacia convenzionata è dato dalla Fascia A a carico del Ssn: vale un 70-80%, mentre un comunicato dell’Mnlf (Movimento nazionale dei liberi farmacisti) diramato dall’AdnKronos il 16 dicembre parla di una eventuale diminuzione del fatturato delle farmacie di 380 euro al mese se la liberalizzazione dell’etico non rimborsato fosse andata in porto. Eppure secondo Nuccio Natoli sul QN-La Nazione del 18 dicembre, dice che “è un settore che fattura circa 3 miliardi di euro all'anno e sul quale si stimava che una liberalizzazione potesse produrre l'effetto di ridurre la spesa per i cittadini di qualche centinaio di milioni”.
Se poi si esce dalle aride cifre e si passa ad aspetti normativi, l’impressione che si proceda a vista è comunque forte, se anche un commentatore del calibro di Aldo Cazzullo scrive sul Corriere del 16 dicembre: “Resteremo il Paese europeo in cui è più difficile trovare medicinali di largo consumo fuori dalle farmacie”. Scherziamo? In Francia non si vende nemmeno una compressa di paracetamolo fuori dalle farmacie, e in Gran Bretagna i farmaci Otc acquistabili al supermercato sono una lista ristretta. Nessuno, inoltre, parlando di concorrenza e risparmi fa notare che fino a oggi il prezzo dell’etico di Fascia C era bloccato per Legge e, quindi, non si capisce come si sarebbe potuta avviare una concorrenza sul prezzo.
Questo turbinare di cifre, che va ben oltre il piccolo cenno fatto qui, è l’ennesima riproposizione di una caratteristica italiana: è difficilissimo conoscere dati, se non certi, sui quali si sia almeno creato un consenso e questo vale per la prevalenza dell’artrite reumatoide come per il numero di centri di questa o quella specialità. I pochi dati certi nascono o dai registri e osservatori nazionali o dall’iniziativa di alcune società scientifiche. Chi si occupa di sanità lo sa bene.
C’è un’eccezione, però, ed è il rapporto che il Cermes (Centro di Ricerca su Marketing e Servizi) dell’Università Bocconi ha condotto per Federdistribuzione, mettendo a confronto gli effetti di una politica di liberalizzazioni in diversi settori di attività: distribuzione alimentare, distribuzione non alimentare, distribuzione di carburanti, distribuzione di farmaci, assicurazioni e servizi finanziari.
Il rapporto, molto dettagliato, si rifà ai dati del 2009. Per quel che riguarda il farmaco l’analisi del Cermes riguarda la liberalizzazione della Fascia C nel suo complesso che viene stimato, a valori in 2,1 miliardi di euro per Sop e Otc (11,1% del mercato), più 3,1 miliardi di etico (16,6% del mercato). Quindi la cifra è del 2009, ma è più o meno quella di cui si parla anche oggi.
Secondo l’indagine il mercato del farmaco non soggetto a prescrizione è rimasto “stabile se non stagnante” e l’ultimo dato riportato sui risparmi consentiti dal fuori canale (parafarmacie e Gdo), quello del 2008, è di circa 16,5 milioni di euro (cui andrebbero aggiunti i risparmi derivanti dagli sconti praticati dalle farmacie, ma non è questa la sede). Secondo il Cermes, la situazione evolverà, è ovvio, e si prospettano diversi scenari.
Il primo è che tutto resti com’è sul piano delle norme e della tendenza dei consumi, oppure che vi sia un adeguamento al mercato dell’OTC del resto d’Europa, notoriamente più florido.
Il secondo è che cambino le normative attuali, e questo può avvenire in due modi: la presenza del farmacista diviene facoltativa, oppure resta obbligatoria e viene distribuito fuori dalla farmacia anche il farmaco etico non rimborsato (ma non è specificato se si parla di tutte le classi o soltanto delle meno problematiche, cioè quelle soggette alla ricetta ripetibile).
Anche per il risparmio ottenibile si prospettano di conseguenza diversi scenari. Se tutto continua come ora, il risparmio generato dal fuori canale salirebbe a 35,4 milioni, se aumentasse il consumo di Otc fino a raggiungere il livello europeo i milioni sarebbero 45,4. Quest’ultima ipotesi, cioè l’adeguamento al resto d’Europa, potrebbe presentarsi più facilmente, visto che ora dovrebbe aumentare il numero dei farmaci non soggetti a prescrizione in conseguenza della norma prevista nella manovra finanziaria. Tuttavia resta un’incognita: non è che il livello e la natura dei consumi, per il farmaco, dipenda soltanto dall’offerta. Dipende anche dall’epidemiologica (storicamente, per esempio, nei Paesi nordici l’incidenza della cefalea è molto più alta) e anche da fattori culturali (ci fu un celebre libro della giornalista scientifica Lynn Payer che nel 1988 dimostrò notevoli differenze in seno all’Europa).
Nel caso che l’etico di Fascia C uscisse dalla farmacia, parafarmacie e Gdo garantirebbero 52 milioni di risparmi, che andrebbero a sommarsi ai risparmi generati sull’automedicazione. Ma questo, al massimo porterebbe a un risparmio nel 2012 di 97 milioni, pari all'1,86% della spesa attuale. Quindi, secondo le stime del Cermes, siamo ben lontani dalle “centinaia di milioni” di risparmi ipotizzate sui giornali.
Quanto renderebbero invece le altre liberalizzazioni? Liberalizzare la distribuzione alimentare, 8.427 milioni, quella non alimentare 2.552; liberalizzare i servizi bancari farebbe risparmiare 7.100 milioni, quelli assicurativi, 4.100. Come dicono gli avvocati, res ipsa loquitur: la cosa parla da sé. Tanto è vero che, correttamente, l’indagine chiarisce che per il cittadino i vantaggi non verrebbero in termini di risparmio, ma di maggiore accessibilità al servizio da parte dei cittadini.
Peccato che non sia stata indagato anche il giudizio dei cittadini stessi sull’attuale accessibilità delle farmacie. Ma su questo tema le indagini non mancano: da quelle condotte per conto del Ministero della Salute a quelle condotte, dalla Sda Bocconi, per la Fofi. Risultato univoco: la capillarità non sembra essere un problema.
Commento: come dicevo, "quanto è possibile far risparmiare [sul farmaco, ndDarimar] in modo da incidere significativamente sulla spesa complessiva media (mutuo, affitto, bollette, generi alimentari, carburante, eccetera) del singolo cittadino?"